Ho predisposto questa ricerca ad oggetto il "finanziamento soci nelle SRL".
Come mai tanto interesse da scrivere una nuova norma, in occasione della revisione del codice civile in materia di diritto societario?
Ebbene la norma è stata scritta con evidente intento di "difendere" i creditori dell’impresa in caso di insolvenza della società. Infatti quando l’impresa è mantenuta con finanziamento soci, è sperimentato che spesso tale finanziamento è occorso per mantenere viva l’impresa. Ma in tal caso non si è fatto altro che simulare un apporto di capitale, che in caso di fallimento della srl sarebbe stato ripartito fra i creditori. Con il finanziamento soci invece l’importo versato nelle casse sociali fa parte dei debiti verso terzi (i soci) che paradossalmente potrebbero partecipare alle pretese dei creditori verso la società fallita. Da qui la norma: fare in modo che i finanziamenti soci, - quando effettivamente non temporanei, ma strutturali – siano postergati (cioè pagati dopo) rispetto ai creditori. E se i creditori non trovano soddisfazione sul patrimonio sociale, posso aggredire anche i finanziamenti dei soci, al fine di recuperare i propri crediti. In altre parole la legge prevede che nei casi in cui siamo in presenza di finanziamenti da parte dei soci e che formalmente si presentano come capitale di credito, si intende considerarli nella sostanza economica come costituenti parte del capitale proprio e quindi di rischio.
Per finanziamenti si intendono i versamenti dei soci a titolo di finanziamento avvenuto con qualsiasi strumento contrattuale, sia esso il finanziamento fruttifero o infruttifero, in conto capitale, a fondo perduto o altro ancora. Non solo, il comma 2 dell’art. 2467 ribadisce che in funzione dell’attività esercitata dall’impresa, se esiste un "eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto", si ricade nel dettato del comma 1.
Il comma 1 stabilisce che il finanziamento soci è restituito ai soci successivamente rispetto alla soddisfazione dei terzi creditori, e non solo: se il patrimonio è insufficiente per tale soddisfazione il curatore fallimentare può attingere a tali risorse. E ancora: se il finanziamento è stato rimborsato ai soci finanziatori entro l’anno precedente la dichiarazione di fallimento, allora il curatore può chiedere ai soci di restituire tale risorsa nelle casse sociali
Questo con la filosofia di pensiero che il socio finanziatore che apporti denaro in situazione di squilibrio, lo effettui a fine di apporto di capitale di rischio e non di finanziamento temporaneo.
Ricordo a questo punto che il parere dell’ABI che la disposizione di legge che prevede la postergazione del finanziamento soci si applicano anche nelle ipotesi in cui il socio utilizzi risorse bancarie ma da lui garantite personalmente. E ancora: per prassi si intende finanziatore il socio che personalmente paga debiti sociali con mezzi e risorse personali.
Ricordo, solo per gli imprenditori forse più sprovveduti che il "costo" di un aumento di capitale comporta dei cosi (atto notarile e imposte sul capitale), mentre la pratica di finanziamento soci potrebbe essere assolta con il solo costo di una raccomandata (e crepi l’avarizia anche quella della ricevuta di ritorno!)
Per quanto attiene la possibilità di finanziamento da parte del socio, richiamo quanto in delibera CICR (comitato interministeriale per il credito e il risparmio) del 03/03/1994, in attuazione del Testo Unico Bancario (il non rispetto di questi elementi è sanzionato penalmente):
possibilità di finanziamento solo da parte dei soci;
possibilità di finanziamento prevista in statuto;
possibilità di finanziamento anche in quote diverse da quelle di partecipazione al capitale sociale;
i soci finanziatori devono essere iscritti al libro soci da almeno 3 mesi;
i soci finanziatori devono detenere almeno il 2% del capitale sociale come risulta dall’ultimo bilancio approvato.
Operativamente non sto in questo blog a ricordare la possibilità di creare il finanziamento a titolo gratuito o fruttifero d’interesse. Tale corresponsione sarà assoggettata a ritenuta del 12,50%, ecc ecc.
Ritengo invece ancora opportuno ricordare che il contratto di finanziamento fra il socio e la società è considerato alla stregua del contratto di mutuo e pertanto oneroso per la società (art. 1815 CC) . Per questo è opportuno scegliere fra l’ipotesi di redigere atto pubblico, scrittur aprivata autenticata o registrata o mediante raccomandata AR in plico (senza busta). Questi strumenti servono per avere una "data certa" sul contratto.
Intendo nei prossimi giorni pubblicare su questo stesso blog l'analisi dello stesso tema "finanziamento soci", orientato alla normativa fiscale. Il contenuto fin qui richiamato é di natura strettamente civilistico e societario.
Art. 2467
Finanziamenti dei soci
- [1] Il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori e, se avvenuto nell'anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito.
- [2] Ai fini del precedente comma s'intendono finanziamenti dei soci a favore della società quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento.
Art. 2467
Finanziamenti dei soci
- [1] Il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori e, se avvenuto nell'anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito.
- [2] Ai fini del precedente comma s'intendono finanziamenti dei soci a favore della società quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento.
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